26/03/2013

Aguas de Março

A Rio de Janeiro Marzo è mese di piogge torrenziali, che spesso, anche se brevi,  provocano grossi allagamenti in città.
Sono le piogge tropicali che chiudono l'estate carioca, e portano con loro la malinconia tipica dell'inizio dell'autunno.
Lo sapeva bene Tom Jobim quando scrisse la meravigliosa "Aguas de Março" nel 1972, abbozzandone il testo su un sacchetto del pane, mentre si trovava in un ritiro di fine estate presso la casa di campagna, sotto prescrizione medica.
Osservando l'acqua cadere Jobim dovette in qualche modo essere sfiorato dalla paura che prende quando si sente avvicinarsi la fine (sebbene per lui non fosse così nella realtà), e cercò di trascriverne il suono modulato dalla pioggia.
Qualche tempo dopo lo registrò con Elis Regina, la grande voce jazz della bossanova e della musica popolare, assoluta ed incontrastata stella nel panorama brasiliano degli anni '60 e '70, una donna dal vissuto tragico e sofferto (morì a soli 36 anni per un cocktail letale di barbiturici e cocaina).
La loro interpretazione rappresenta a mio avviso una delle vette più alte della musica mondiale. Per come sanno andare su e giù tra le note, imitando le gocce di pioggia a volte soavi, a volte pesanti, che scorrono inesorabili, trascinando con esse tutto ciò che incontrano lungo il cammino.
Jobim sarà stato anche toccato dalla paura della fine, quando ha scritto questo brano, ma ci lascia ripetutamente, nel breve ritornello di due frasi, aperti ad una promessa di vita.
Il testo è bellissimo, oltre che essere estremamente musicale e rimandare ad elementi tipici della cultura brasiliana, come ad esempio Matita-Pereira (detto anche Saci-Pererê, che tra l'altro è anche il nome di un cocktail a base di cachaça), una specie di folletto mulatto con una gamba sola, munito di cappuccio rosso e pipa, molto dispettoso, che si diverte tra le altre cose a scherzare coi bambini, nascondendo le loro cose.

Qui potete trovate il testo con la traduzione.

Anche a Lisbona piove da settimane ormai.
Non mi piace la pioggia, ma Jobim e Elis mi danno quella dolcezza necessaria per sopportarla ancora, aspettando che torni il sole.
Guardo la pioggia cadere, e mi ricordo che da questo lato del mondo viene per portare la primavera.


E questo è, finalmente, il brano.

       











20/03/2013

Il mio 8 1/2. Un film per la vita

Avevo questa bozza ferma dal 19 Ottobre 2011.
Quando sono andata a ripescarla stamattina ho avuto un sussulto.

Pensieri sparsi su un Film, anzi, il Film, quello che per me ha rappresentato e continua a rappresentare un cult, un testamento spirituale, perfetto connubio di forma e contenuto, che ha saputo toccare tutte le mie corde intime, ed ora persino di più: 8 1/2 di Fellini.
Ieri sera lo hanno proiettato alla Cinemateca, un posto straordinario, un museo del cinema con programmazione sempre interessante. Per i cultori dei film d'annata, soprattutto.
Inizia infatti oggi l'omonima Festa do Cinema italiano, e in occasione del 50esimo anniversario del film era quasi scontato che da qualche parte lo riproponessero.

"Non so, per ora sulla cartellina che contiene gli appunti e la scaletta approssimativa del racconto, a parte le solite culone beneauguranti, ho disegnato un grande otto. Sarebbe il suo numero, se lo farò", disse Fellini, parlando del film in fieri che uscì poi nel 1963.
Il ruolo del regista Guido Anselmi fu in un secondo tempo affidato a Mastroianni invece che a Laurence Olivier perché quest'ultimo "era troppo bravo, mentre Fellini cercava un tipo schiacciato dalle debolezze e dalla mancanza di personalità" (così Mastroianni stesso nell'intervista che fece con la Fallaci).
Guido è infatti un regista di mezza età alle prese con una forte crisi d'ispirazione, un uomo che pare sospeso, incapace di vivere il presente; bloccato in un impasse creativo ed esistenziale, incapace di mettere in scena il suo film, di gestire i rapporti con le donne ed in generale con gli affetti. Non riesce neanche a far pace con la memoria dei suoi genitori defunti, che tornano continuamente a trovarlo insieme a tutti i personaggi dei suoi ricordi e dell'immaginazione, quasi come in una dolce tortura, facendolo abbandonare ad una malinconia  in cui riesce a trascinare anche noi.
La dimensione temporale ed emotiva è stravolta e costituisce un dondolo perpetuo tra passato e presente, realtà ed immaginazione: Guido si consuma a chiedersi come fare per capire, cosa sia nascosto tra le pieghe di un'esistenza che non si rivela, cercando risposte che non trova.
Sfilano intanto sulla scena una carrellata di personaggi indimenticabili, come la Saraghina la prostituta, e tutte le donne della sua vita: la moglie Luisa e l'amica, l'amante Carla, sua madre.
È circondato da donne, fantastica di averle tutte in un harem, non ne possiede in verità nessuna.


Mastroianni e Fellini sul set (foto dalla RAI).

Un episodio resta per me particolarmente caro. Durante una festa coi produttori del film, Fellini ci mostra Guido da bimbo, in una sequenza eccezionale. Un mago sta intrattenendo gli ospiti leggendo loro nel pensiero; quando arriva il turno di Guido, il mago scrive sulla lavagna le tre paroline "Asa Nisi Masa" e nessuno ne coglie il senso, ma esse sono la formula magica che ci permette di entrare nella porta della sua infanzia. E così conosciamo il casolare di famiglia, le vedemmie fatte di uva pestata coi piedi, le stanze che risuonano del dialetto romagnolo; sentiamo sui nostri corpi la morbidezza delle coperte rimboccate dalla nonna e udiamo sua sorella che prima di mettersi a letto pronuncia le fatidiche paroline "Asa Nisi MAsa". Anima, nel linguaggio del buffo giochino che facevo da bimba.

Sul set dimesso del film che ha ormai deciso di non girare più, dopo aver a lungo parlato della sua incapacità di amare con Claudia, la ragazza immaginaria ormai personificata che rappresenta il suo ideale di Bellezza, Guido capisce, è toccato dalla rivelazione.
D'un tratto si rende conto che non deve far altro che accostarsi alla vita in modo semplice, amare per essere amato, lasciarsi ancora intenerire dagli uomini per ritrovarsi uomo, che ciò che è è tale in virtù di ciò che è stato, in un fluire naturale in cui è immerso, in cui si riconosce...e non ha più paura di mostrarsi e di accettare anche le ombre, i fantasmi del passato, il peccato, le debolezze.
In una sorta di  epifania finale i personaggi che popolano il suo mondo interiore e reale troveranno una collocazione, e stavolta sarà una festa di suoni in un girotondo gioioso dove tutti si daranno la mano per celebrare quell'unico ed irripetibile ciak.
La malinconia ha lasciato il posto alla felicità.
Il finale è un tripudio corale, un inno alla vita.
Il film ora c'è, è stato scritto. Non ci sono altre scene da girare.

8 1/2 è semplice, tanto semplice da commuovere.
E mi commuove la scena finale che parte dal momento in cui Guido decide di far smontare il set. I suoi pensieri ad alta voce nel momento della "scoperta" (che partono dal minuto 2.55)  riescono magicamente a parlarmi in maniera speciale, ogni volta. Vale sempre la pena rivederla.






"Ma che cos'è questo lampo di felicità che mi fa tremare, mi ridà forza, vita? 
Vi domando scusa, dolcissime creature; non avevo capito, non sapevo... 
Com'è giusto accettarvi, amarvi, e  com' è semplice. Luisa, mi sento come liberato: tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare. Ma non so dire... 
Ecco, tutto ritorna come prima, tutto è di nuovo confuso. Ma questa confusione sono io, io come sono, non come vorrei essere, e non mi fa più paura. 
Dire la verità, quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo, e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita, viviamola insieme. Non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri: accettami così come sono, se puoi. È l'unico modo per tentare di trovarci."



E dopo il 19 Ottobre 2012, un anno esatto da quando avevo iniziato a scrivere questa bozza, il giorno che ha segnato il "prima" e il "dopo" della mia vita, queste parole oggi sembrano arrivare da lontano apposta per me.





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