30/05/2012

30 Maggio

Il 30 Maggio 2001, undici anni fa (!) i Radiohead venivano a suonare all'Arena di Verona nella loro unica tappa italiana. Mancavano pochi giorni all'uscita di "Amnesiac", ma già la loro musica aveva subito una svolta più elettronica con "Kid A". Io fino a quel momento avevo tutti i loro CD, tranne uno, "OK Computer", uno dei capolavori degli anni '90, che però conoscevo a memoria, e che avrei acquistato proprio dopo quel concerto, folgorata dall'esecuzione live. E che mi è tanto caro che ormai è uno di famiglia. Tra l'altro in casa OceansTwo ne girano ben due copie. Due di famiglia, quindi.

Maggio a Bologna è un mese che può essere già caldissimo, ed è il tempo delle ultime lezioni prima della sessione estiva di esami. 
Si sparge la voce, i Radiohead vengono a suonare a Verona. Chi viene con me? Solo un mio amico risponde all'appello, e sarà con lui che avrei visto uno dei concerti più belli di sempre. Per me, e non solo.






Per tutti quelli che ebbero la fortuna di assistervi.
Perché fu davvero uno spettacolo incredibile.
Per la location, per la luce del tramonto su quelle sagome e sui corpi dei quindicimila accorsi, per l'anima che ci misero loro nel suonare, ed il pubblico nel lasciarsi incantare.
Presi i biglietti, 50.000 lire, in gradinata. In un'epoca in cui non c'era bisogno di acquistarli un anno prima, non c'era bisogno di programmare il dettaglio, c'era più spazio per l'improvvisazione.
Il 30 Maggio è un pomeriggio caldissimo e giallo, a Verona. Io aspetto il mio amico davanti all'Arena perché sono arrivata prima, e quando entriamo il sole si avvia al tramonto di fronte a noi. Ed io ricordo in maniera netta che quando attaccano "Lucky" sotto un cielo rosso fuoco non riesco più a contenere l'emozione. È un pezzo struggente, scritto da Yorke e soci per War Child, l'associazione che raccoglieva fondi per i bambini vittime della guerra in Bosnia (qui il video ufficiale).

Ho anche trovato il video integrale di quella serata, girato da una postazione appena un po' più in alto da  dove ci trovavamo noi, e al minuto 10.20 quell'emozione si rinnova.





Adesso il mio pensiero va all' amico che era con me a quel concerto, e con cui rimasi alcune ore in una Verona notturna e calda in attesa del primo treno per Bologna, ascoltando Battiato dagli stessi auricolari. Penso a lui e a tutti gli amici che ho in Emilia. So che la paura è tanta, ma tenete botta!

Il 30 Maggio a Lisbona può far molto caldo. La mattina del 30 Maggio del 2012, insieme alle belle sensazioni che questa data porta con sè, ancora mi gongolo per i regalini che ho ricevuto ieri da Dublino. Regalini che mi ha mandato Antonella per il primo compleanno di OceansTwo, e di cui sono stata felicissima!
Ancora mi gongolo dunque, quando arriva la pausa pranzo, e per oggi io e Mariantonietta siamo riuscite a combinare un incontro. Sono due ore di chiacchiere a ruota libera, credo di averle fatto una capa tanta davvero, ma le cose vengono una dopo l'altra,  e due ore sono volate. Parlando di Lisbona, di noi, di viaggi e...di Scarface.
Mi costa tornare ai posti di combattimento, ma mi tocca. 
Prima ascolto un'altra volta Lucky, però.
I feel my luck could change...



LUCKY by Radiohead

I'm on a roll, I'm on a roll
This time, I feel my luck could change
Kill me Sarah, kill me again with love
It's gonna be a glorious day

Pull me out of the aircrash
Pull me out of the lake
I'm your superhero
We are standing on the edge

The Head of State has called for me by name
But I don't have time for him
It's gonna be a glorious day
I feel my luck could change

Pull me out of the aircrash
Pull me out of the wake
I'm your superhero
We are standing on the edge








28/05/2012

Incontri ravvicinati del primo tipo/2: un fischietto a due ruote

Continua, dopo la prima puntata, la saga dei mestieri improbabili legati alle cose strane che incontro quando gironzolo per la città. Guarda caso anche stavolta si tratta del mio quartiere, comincio davvero a pensare che non sia un caso che sia finita quassù! 
Qualche mattina fa mi alzo al ritmo di un fischietto che sento giungere dalla strada. Fischi a cadenza periodica, insistenti, ma non riesco a capire cosa sia, e sono troppo pigra per affacciarmi a vedere cosa accade di sotto. 
Poco dopo sono in strada per andare a lavoro, e ad un certo punto, nonostante gli auricolari sintonizzati sulla mia radio lisboeta preferita, Radio Radar, risento i fischi, sempre più vicini, fino a che mi trovo a camminare affianco ad un ometto che trascina la sua bici-laboratorio ambulante, con ombrelli appesi di fronte e vari attrezzi che spuntano un po' da ogni dove.

Un riparatore di ombrelli?! Lo guardo, lo osservo, poi mi faccio superare, e in preda alla compulsione, sfilo la mia fidata macchina fotografica dalla custodia nella borsa e mi decido a pedinarlo brevemente, quando vedo che s'infila in un incrocio. Si ferma a parlare con due tizie davanti ad una specie di cancello, è fatta! Mi metto dall'altro lato della strada sul marciapiede, con occhialoni da sole scuri e bavero alzato fingendo disinteresse, mentre con nonchalance fotografo di qua e di là. 


Nonostante gli auricolari sento che mi sgama in pieno dicendomi "Faccia pure quante foto vuole alla bici!" 
Cavoli, sono stata scoperta. Però che gentile, mi dà via libera! Comunque mi sa che 'sti auricolari vogliono andare in pensione. E poi ho la vaga impressione che io come pedinatrice sia una schiappa.
Allora colgo la palla al balzo, mi levo dall'imbarazzo, attraverso la strada e mi posiziono di fronte a lui, dicendogli "Però la foto la faccio anche a lei!"
E lui tutto contento si mette in posa.
"Come si chiama?"
"Manuel"
Click click. 

Ringrazio e me ne torno sulla strada maestra.
Ovviamente ho dimenticato di chiedergli se davvero fosse un riparatore di ombrelli.
Per me lo è. E allora per prima cosa la mia indole di avvocato delle cause perse mi induce a pensare che se c'è ancora qualcuno che fa questo lavoro, non è vero che c'è giustizia al mondo. Poi torno sulla terra, e "Beh, si vede che esiste chi compra ombrelli che non siano made in China. E quindi se gli si rompono, e col ventone che c'è qua si rompono di sicuro, vale la pena farseli aggiustare."
E io che credevo che nel 2012 gli ombrelli si fossero estinti.


Postilla. Tra una foto, un sorriso ed un pensiero, nella foga ho anche perso la custodia della macchinetta fotografica per strada. Me tapina, sola in una valle di lagrime!
Non solo sono una schiappa come pedinatrice, ma adesso ho la prova definitiva di essere anche parecchio distratta.








25/05/2012

Anthony Bourdain a Lisbona, io e Cosmopolis

Cosa c'entrano lo chef Anthony Bourdain, Lisbona, il duo lisboeta Dead Combo con la loro musica fatta di  jazz, post-rock, musica popolare portoghese, e Cosmopolis, il film in questi giorni in concorso a Cannes, tratto dall'omonimo libro di DeLillo tradotto da Silvia Pareschi

Dunque. Prima di vedere questo video non avevo la minima idea di chi fosse Anthony Bourdain. Ora so che è uno chef  newyorkese di alto livello che da qualche stagione è l'inviato di un programma che si chiama "No reservations", in cui il simpaticone viaggia in lungo e largo per il globo spazzolando tutto quello che c'è di tipico nelle zone in cui va a girare. Dire che lo invidio è poco: fa il mestiere più bello del mondo! Il programma a mio parere è fatto bene: si vede che i contatti con la gente del posto sono validi, ed inoltre capita di sentirsi davvero coinvolti nelle usanze locali.

Recentemente è andata in onda la puntata su Lisbona, che vi linko qua sotto. Se ce la fate a resistere, godetevi i primi cinque minuti, ma poi vi verrà l'irrefrenabile voglia di tuffarvi in una vasca di frutti di mare, vi ho avvisati. Segnalo anche che dal minuto 16 in poi lui e i bravi del posto fanno fuori una quantità di polpo arrosto che sfamerebbe un esercito; dal minuto 18 va pure a fare l'aperitivo in uno dei miei posti preferiti, ed infine al minuto 22 ingurgita un paio di litri di ginjinha (di cui sono un'estimatrice anch'io) come se niente fosse.  Per quanto mangia dovrebbe essere un barilotto, ma non lo è: saranno fotomontaggi?

Inutile dire che ho già visto le puntate girate in Sicilia, Sardegna e Creta, e sto cercandone altre.




Colonna sonora del video sono appunto i Dead Combo, ricorrenti col pezzo "Lisboa mulata", contenuta nell'omonimo album in cui ha suonato anche il mitico Marc Ribot.
Qualche mattina fa sento alla radio che, da quando negli USA è andata in onda la puntata del mangione in riva al Tejo, quest'album è schizzato in vetta alle classifiche di iTunes, e che questa sera il duo andrà a suonare a Cannes in occasione del party dopo la proiezione di Cosmopolis, come annunciato nel sito ufficiale.
Il collegamento tra le due cose è che il produttore del film è Paulo Branco, portoghese, il quale ha annunciato che dopo la fine del concorso il regista (Cronenberg), i due attori principali (Robert Pattinson e Paul Giamatti) e molto probabilmente anche DeLillo saranno a Lisbona per la prima.
Speriamo di avere modo di parteciparvi, con la mia bella copia di Cosmopolis -che sto ancora leggendo- vinta in occasione del primo anno del blog di Silvia, e recapitatami in Italia ad Aprile.
La copia è già autografata dalla traduttrice, chissà che riesca  a collezionare anche l'autografo dell'autore! 
[Aggiornamento del giorno dopo: i biglietti per la prima sono esauritissimi! Addio sogni di gloria.]



E pensare che in teoria avrei dovuto ricevere "Erano solo ragazzi in cammino" di Dave Eggers, ma poi c'era stato un cambio programma last minute.
Quando si dicono le coincidenze!  Insomma, ora tutto torna.
A questo punto ho troppe ragioni per tifare per Cronenberg & soci! 
Mi hanno dato anche l'occasione per mostrare finalmente questo bellissimo premio, che mi accolse come un abbraccio in un caldo pomeriggio italiano di primavera.






22/05/2012

(Pacco) sorpresa made in Portugal

Oggi condivido con voi alcune cose che ho piacevolmente scoperto da quando vivo qua.
La prima, recentissima, riguarda un grande illustratore e designer portoghese del secolo scorso, Stuart Carvalhais, tra l'altro uno dei primi artisti europei ad inserire il testo nei balloon dei fumetti (qui trovate alcune delle sue illustrazioni).
Finalmente, grazie ad un bellissimo cortometraggio dedicatogli da Zepe (da queste parti uno dei più noti registi di film d'animazione) che ho visto qualche sera fa al corso di portoghese,  ho dato un nome all'autore  di quelle fantastiche stampe che spesso mi capita di vedere in giro per la città.
Eccovene alcune: sono tutte  copertine di libretti di spettacoli di fado degli anni '20 e '30.




Che ne dite? Io le trovo bellissime.

Lasciando le arti grafiche e passando alla musica, ecco Carlos Bica, acclamato contrabassista lisboeta con esperienza pluridecennale che vive da diversi anni a Berlino. La sua musica, un jazz davvero innovativo che potrei definire indie, ha in qualche modo il retrogusto della musica tradizionale portoghese. Io ormai sono una sua fan, l'ho anche sentito in concerto l'anno scorso, in occasione dell'uscita di "Things about", un gran bel concerto.
Eccovi un pezzo mitico della colonna sonora di "Paris, Texas" di Wim Wenders, di cui lui ha fatto una cover in questo disco.
Per amanti del (nuovo) jazz propongo l'ultimo suo lavoro "Things about".





Ed infine andiamo nel reparto saponi della casa Confiança. Nata nel nord del Portogallo alla fine del'800, questa piccola fabbrica s'è subito imposta come il marchio di riferimento nei prodotti per l'igiene, distinguendosi per l'attenzione alla qualità e all'uso di sostanze naturali, a base vegetale, con profumazioni delicate e packaging davvero accattivanti di Art Nouveau e Déco, riproposti ancora oggi, dopo che è stata rilevata pochi anni fa dalla Arch Brito.
Queste saponette sono sopravvissute all'invasione delle grandi marche estere grazie soprattutto alla qualità: un piccolo miracolo portoghese. Date un'occhiata (l'annusata la faccio io per voi!)






Io mi riempirei cassetti e bagno di questi piccoli parallelepipedi profumati. Senza buttare le carte, ovvio.

E adesso datemi un numero da 1 a 23, quanti sono i commentatori al post del compleanno, presi in ordine cronologico (quindi Mariantonietta è il numero 23, per intenderci). Anzi, visto che sono un po' nerd (ma solo un po' però, giuro!), date gli estremi dell'intervallo (1 e 23) in pasto a questo semplicissimo programmino adattato da me, e lui vi restituirà un numero scelto a caso.
Pronti?




L'estratto corrisponde al 6 di Rita Vaselli! Per chi non la conoscesse, lei si definisce una "cacciatrice di immagini", ed è un'appassionata di acquerelli, di cui ci delizia con grande sensibilità nel suo coloratissimo blog.

Innanzitutto, spero che tra ciò che ho messo in palio vi sia qualcosa che vi possa piacere. Specialmente spero che ci sia qualcosa che piaccia a Rita, alla quale prego di comunicarmi l'oggetto -o gli oggetti- del desiderio! Rita, scrivimi pure a quest'indirizzo per dirmi dove spedirti ciò che sceglierai:
elleoceans2 AT gmail.com

Per tutti gli altri partecipanti, nel pacco c'è la mia compagnia e guida eno-gastro-alterno-turistica di Lisbona, nel caso vogliate venire da queste parti, prima o poi!
Volevo infine dire che è stato molto divertente pensare a cosa potervi regalare, e mi è piaciuta l'idea di condividere qualcosa che sapesse di Portogallo e di Lisbona e che avessi scoperto solo stando qua, qualcosa che altrimenti difficilmente avrei conosciuto.
Grazie a tutti e -spero- al prossimo compleanno.







19/05/2012

Dimmi come parli portoghese/I: U Brazìu e la Toscana

Premessa. Il portoghese è una lingua parlata da circa 240 milioni di persone nel mondo in quattro continenti.
A causa dell'eterogeneità dei popoli che la parlano, e ancor di più per la grande importanza di redigere atti pubblici che siano scritti in maniera uniforme per tutti, la lingua ha subito nel corso del secolo scorso alcuni rimaneggiamenti formali chiamati accordi ortografici, sottoscritti dai paesi interessati.
L'ultimo è del 2009, con entrata in vigore obbligatoria a partire dal 2013. La tendenza, riassunta in breve, è quella di snellire l'ortografia, per adeguarsi principalmente al modo di scrivere brasiliano. Ecco che spariranno ad esempio le consonanti mute, alcuni segni come trattini di congiunzione, lettere maiuscole ridondanti, mentre compariranno lettere come la k, la w e la y...e così via.
Per ora dunque è tutta una confusione, e mi chiedo cosa ne verrà fuori; certo, lo sforzo richiesto per adeguarsi alle nuove direttive è notevole, e crea anche molte polemiche tra linguisti, editori, scrittori e addetti ai lavori.

Ma andiamo al lato più divertente.
Vivendo qua ho imparato a distinguere l'accento portoghese da quello brasiliano, e tutti questi suoni insieme per me son fonte d'ilarità: quando mi capita di interloquire con un brasiliano il buon umore è assicurato. Il colmo è stato quando ho saputo dell'esistenza di "Passione/Paixão", una soap opera carioca ambientata anche in Toscana, in cui i dialoghi sono farciti di parole italiane.
L'effetto finale è macchiettistico: sembra davvero una parodia!
Tuttavia è facile capire il perché di questo delirio linguistico: si stima che che a São Paulo circa la metà dei residenti (che sono 15 milioni) abbia discendenza italiana, facendola diventare la città col più alto numero di paisà fuori dall'Italia.
Ecco dunque un delirante pezzetto della soap girato nelle campagne toscane, coi suoi dialoghi ibridi, che, se  in alcuni casi hanno anche senso compiuto, in altri capita che siano un po' buttati là.
Il tutto risulta intelleggibile a milioni di assidui spettatori, anche ai numerosi portoghesi. Miracoli italo-brasiliani.
Infine, tra i personaggi italiani ce n'è uno che si chiama Agnello, e, ciliegina sulla torta, la sigla -che pietosamente vi risparmio- è affidata ai Neri per caso. Ah, quindi esistono ancora, se son riusciti a riciclarsi in qualche modo ai tropici...


"Forse domani noi staremo sul tuo babbo!"
Insomma, quando c'è di mezzo un Paese grande e varipinto come il Brasile, si può ben immaginare che il casino linguistico è assicurato. Specie perché oltreoceano si sente l'influenza degli States, per cui ormai sono entrati nell'uso comune verbi come deletar ("to delete"), coniugabile (orrore); ciò,  insieme  all'inclusione di lettere nuove nell'alfabeto di cui parlavo prima, fa presagire interessanti risvolti.

Comunque questo meltin' pot linguistico dai risvolti un po' trash offre molto di più.
Altre delizie per le orecchie alla prossima puntata.





15/05/2012

Good times, bad times. Quattro belle cose italiane

Della mia breve e recente permanenza in Italia ho già pubblicato le immagini e le belle impressioni personali. Ora vorrei esporre anche un paio di considerazioni generali su alcuni fatti.
Parto soft con la dieta Dukan: ne ho sentito parlare da tutti! A quanto pare sta spopolando, a partire dal giorno del matrimonio del principe d'Inghilterra che ha sposato un' "adepta". Quindi fonti autorevolissime! E poi incute fiducia già dal nome, diciamolo. Dukan.
È una dieta che, almeno nella prima fase, è iperproteica, e quindi costringe per i primi 5-10 giorni  a consumare solo proteine e vieta gli alimenti contenenti zuccheri, nonché le verdure: quindi niente pane, niente vino, niente frutta, niente insalata, niente ortaggi.
Solo a sentirla nominare comincio a ruggire e mi si allungano i canini.
Se c'è qualche esperto in materia mi piacerebbe che mi esponesse buoni motivi per seguire un regime del genere.

Poi, cambiando argomento, vorrei dire che continuo a vedere cose strane. Come borse giganti di Vuitton e di Gucci camminare su due zampe, Ferrari rombare in improbabili strade di paese e yacht sempre più grandi attraccati ai porti in attesa dell'estate, ristoranti sempre pieni, aggeggi ipertecnologici nelle tasche di tutti, di chi neanche li sa usare, che tanto ormai costanosolotrentaeuroalmese. Sono nonsense che non risolverò mai: di questo passo la situazione secondo me difficilmente cambierà,  perché manca l'educazione alla rinuncia.
Una sera a cena, dopo l'ennesimo bicchiere di vino, la mia 86enne nonna, che la crisi le fa un baffo,  sciorina la sua perla di saggezza: "Facciamo come possiamo. Se ora c'è poco viviamo di poco". Non c'è il sentimento del tutto e subito nelle sue parole, ma del resto lei a vivere di poco c'è abituata, lo fa da quando è nata.
Ecco, se c'è una cosa che vorrei si imparasse a fare è proprio questa, e cioè cercare discernere le cose importanti da quelle futili, nella stessa maniera in cui siamo bravi a dire che fatichiamo ad arrivare a fine mese.

E ora le good news. Sono quattro per la precisione: un numero incoraggiante.
Un. Girando per le strade del centro storico di Salerno ho trovato la piccola bottega del riparatore di orologi a cucù. Quanto amore ci vorrà per portare avanti un'attività del genere? Semplicemente commovente!
Ringrazio il simpatico artigiano, che ha visto quella pazza stupita di meraviglia fermarsi a bocca aperta davanti alla sua porta in un caldo sabato di primavera. Senza dir nulla ha continuato impassibile la sua opera ingegnosa nel buio della sua stanza, mentre la pazza lo immortalava.



Due. Le piccole librerie esistono ancora, ed è un piacere trovarle, specie in posti non sospetti. Non solo catene e centri commerciali. Ci sono ancora questi posti disordinati, coi libri accatastati, come piacciono a me, in cui in verità non si capisce bene dove pescare il libro che ti serve, ma anche questo è bello perché cercando t'imbatti in altri volumi, e ti fermi, indugi, pensi, odori la carta, e li vorresti comprare tutti. E poi se ti perdi puoi sempre chiedere informazioni all'omino che si mimetizza tra gli scaffali, come se là dentro ci fosse nato, e lui di libri e di scrittori ne sa finalmente qualcosa.
E sa dove andare a pescare l'oggetto del desiderio, semplicemente perché ce l'ha messo lui, lassù, in cima alla scaletta di legno. Questa è a Taranto, fuori dal centro e dalle strade battute del commercio. Un'oasi nel deserto, davvero!








Tre. Il caffè come lo fanno nei bar in Campania, signori miei, non ce n'è. E non lo dico per campanilismo.  Davvero, è tutta un'altra cosa. Ne ho bevuto solo due, e me li ricordo con gioia. E' cremoso, profuma e ha un retrogusto quasi di nocciola tostata. Effetti della tostatura a legna? Non so, anzi, prima di vedere questo cartello ne ignoravo persino l'esistenza.
Comunque provare per credere.







Quattro. Ho visto comparire le bici a Taranto! Un miracolo in una città del Sud, dove andare in bici denota un certo grado di follia perché assolutamente fuori dal comune. E poi a Taranto, una città assolutamente pianeggiante, ma sopraffatta dal traffico   impazzito dei veicoli a motore, senza uno straccio di pista ciclabile, andare in bici è arduo ma aiuterebbe a risolvere tanti problemi.
Applausi a questi impavidi ciclisti, e che possiate essere sempre più numerosi!

Ne ho visti anche alcuni impavidissimi, andare sulla superstrada per Brindisi...perché un tocco di follia non guasta mai.





Questi battono di gran lunga la ventenne spensierata che se la pedalava allegramente sui viali bolognesi col vento tra i capelli...








12/05/2012

Tassinari di notte. Lisbona in multicolor

I taxi a Lisbona sono ovunque, e sono migliaia: te li ritrovi sempre alle calcagna, ti sorpassano a destra, inveisci contro di loro. Li odi, quei cubicoli giallo crema, o verde e nero (sì, ce ne sono di due colori, a seconda dell'epoca di messa in servizio).
Però li ami anche: essendo economici, sono mezzi di trasporto utilizzati da tutti, dai giovani in uscita notturna  alle vecchie di ritorno a casa, con le buste della spesa gonfie davanti al supermercato.
Io li prendo solo per andare e tornare dall'aeroporto, quando non è possibile andarci in macchina, ed incontro quasi sempre dei casi interessanti di antropologia culturale. Eccone alcuni.

Lisbona, primi anni '30. Foto presa qui


Il di fuori. Un tipo che non conosce assolutamente le strade della città, gira col satellitare parlante, ci manca solo il pilota automatico, ma bisogna che gli indichi io la strada da fare. Diobono! Per concludere in bellezza, non ha neanche il resto di venti euro da darmi e, una volta giunti davanti casa, ferma tutti i taxi che passano per chiedere spicci. Al terzo fallimento fa spallucce ed io decido che la farsa può finire lì. Tieniti pure la (ricca) mancia che non ti avrei mai dato!
Il satellitare. Un macchinone scuro con interni in pelle mi abborda all'uscita dell'aeroporto. Entro e il mio occhio di lince non vede il tassometro, alché chiedo spiegazioni. Il tizio mi dice che fa parte di una nuova rete satellitare nonsoche. La cosa inizia a puzzarmi, e quando gli chiedo allora come farà a calcolare la tariffa, mi sento dire che le tariffe sono fissate a 20 euro (normalmente ne spendo circa la metà). Chiedo di farmi scendere immediatamente, e, dopo qualche tentativo di persuasione non andato a buon fine, mi lascia andare.
La volta che, al secondo tentativo, incontro lui...

...il gourmet. Appena entrata gli chiedo subito ragguagli sull'accaduto col satellitare. Mi spiega che esistono 'sti macchinoni collegati col satellite nonsoche, ma che la tariffa non è affatto fissa. Ecco.
Manco a farlo apposta costui abita nel mio stesso quartiere, così, mentre mi accompagna a casa, guidando in tangenziale con una mano, con l'altra chiama a casa per dire alla moglie che avrebbe portato un franguinho per cena.
Aperta parentesi: il frango è il pollo, e qui sono diffusissimi i posti che li fanno alla brace, da asporto e non. Andarsi a prendere un frango no churrasco a Lisbona è l'analogo dell'andare a mangiare la pizza da noi: una soluzione veloce, relativamente economica ed appetitosa. Il frango dunque regna sovrano, e attorno all'ora di cena i fumi della brace pervadono i quartieri. Esiste anche l'osceno ibrido "pizza galletto", di cui ho già parlato qua. Chiusa parentesi.
Il buon gourmet mi dà dunque una dritta, consigliandomi una griglieria nella mia zona. Forse ha il fiuto per capire chi sta portando sui sedili posteriori?
Sta di fatto che da allora in questo posto insospettabile, dove credo che difficilmente avrei messo piede perché passa del tutto inosservato, ci sono andata già un paio di volte.
L'apolide. Lo incontro una mattina di traffico intenso: proprio l'ideale per sentire le storie di un reduce delle guerre in Angola ai tempi delle colonie, dove venivano spediti tutti, militari e civili; molto amareggiato per le sorti del Portogallo: "Noi allo stato abbiamo dato tanto, lo stato in cambio non ci ha dato nulla". 
Siccome il suo accento tradisce lievemente una provenienza forse d'oltremare, gli chiedo di dove sia, e lui mi riponde: "Sou cidadão do mundo". Applausi.
(Per chi fosse interessato alla contraddittoria ed intrigante storia dei rapporti politici tra Angola e Portogallo, segnalo tra gli altri i libri di António Lobo Antunes, di cui potete trovare un excursus letterario qui). 
Il disertore l'ho incontrato ieri vicino ad una fermata del tram: si stava facendo pericolosamente tardi, quindi mi volto verso la fila dei taxi. Ce n'era solo uno, un po' malconcio e parcheggiato senza taxista. Allora un po' rassegnata mi rigiro a guardare i minuti di attesa stimati: ancora dieci, decisamente troppi.
Ma ecco che all'improvviso vedo il vetusto latitante apparire al volante del suo bolide, mettere in moto e fare circa cinque metri per permettere ai colleghi provenienti da dietro di guadagnare le posizioni. Il tempo di distrarmi un secondo, e lui è di nuovo scomparso dal luogo di lavoro, evidentemente preso in qualche bar nei paraggi: in pratica ha solo spostato la macchina per fare posto agli altri! 
L'enigmista. Un personaggio silenzioso, di quelli persi nei propri pensieri, che quando sto con la luna storta ringrazio e benedico, altrimenti osservo cercando di captare un indizio della sua follia.
Semaforo rosso: il pensieroso tira fuori un blocchetto, ma io lo vedo solo con la coda dell'occhio perché sono distratta. Poi va a finire che s'incontra traffico in tangenziale, e allora il blocchetto riappare negli istanti di rallentamento insieme ad una penna, e stavolta vedo bene: un sudoku gigantesco quasi completato, sul quale il pensatore scrive frettolosamente un numero, e poi ripone il tutto, continuando la sua corsa.
Stavolta  il suo enigma forse l'ho svelato.
Mi vengono in mente subito i taxisti di Zurigo, visti fuori dalle auto a disputare una partita di scacchi sul cruscotto. M'è sempre rimasto un dubbio: come diamine fanno a ricordarsi a che punto stavano ogni volta, dopo una corsa?

Giusto per la cronaca, Zurigo mi viene casualmente in mente anche perché ora sarei là, se ieri lo sciopero dei controllori di volo della TAP non mi avesse messo i bastoni tra le ruote.
Acc! E io che dovevo andare a svelare il mistero degli scacchi.
Per fortuna l'appuntamento è solo rimandato.




08/05/2012

Tutto iniziò così: OceansTwo compie un anno.

Ed eccoci. Un paio di settimane fa mi era venuto in mente che c'eravamo quasi, e poi me ne stavo per dimenticare. Ma poi mi si è accesa la lampadina: oggi questo blog compie un anno di vita.
Mi ero iscritta a blogger nel 2007, ma poi, un po' per pigrizia e un po' per inibizione, la cosa non era decollata. Neanche il cambiamento vissuto venendo ad abitare qua, in un periodo allucinato della mia vita, incasinatissimo, tra tesi di dottorato da finire, ripetizioni, ore di baby sitter ad una bellissima bimba  che è ancora nei miei pensieri, trasloco da organizzare dall'Italia, pacchi da rispedire a casa dei miei, e chi più ne ha più ne metta, nemmeno la tregua dopo questo caos immenso mi aveva dato la giusta spinta per iniziare. Avevo in verità aperto un blog dal titolo "Spaziotempo libero" appena arrivata a Lisbona, ma dopo un primo post di prova, era stato lasciato marcire.

Poi all'inizio dell'anno scorso si materializzò la possibilità di un viaggio in California, coniugabile con alcuni impegni di lavoro a San Francisco. Ero contentissima.
Nelle mie lunghe ricerche in internet nei mesi prima di partire, mi imbattei in diversi blog californiani e non, e cominciai a leggerli, accorgendomi giorno per giorno che le mie visite si facevano sempre più frequenti, a prescindere dalle informazioni che stavo cercando per organizzare il mio viaggio. 
Da loro mi sentivo a casa: ero ormai in trappola!
Poi successe che era una domenica pomeriggio calda  e di sole, ed ero appena tornata da un concerto di jazz in un parco.




Ero in pace, ricordo benissimo quella sensazione di calma. 
E cominciai a scrivere, vincendo l'imbarazzo. L'8 Maggio 2011 nascevano Elle e questo spazio. Cinque giorni dopo ero su un aereo per la West Coast, da dove continuai a postare real time, eccitata ed entusiasta, non sapendo minimamente cosa sarebbe venuto dopo, né se ci sarebbe stato un dopo.
Invece dopo è successo che l'entusiasmo è continuato, e questo angolo ha cominciato ad avere una vita sua: ho incontrato tante persone interessanti che mi danno modo di conoscere e di conoscermi, trovo stimoli in modo molto più diretto di prima, mi confronto e mi interrogo, perché è una cosa che mi piace, che mi fa sentire viva. 

Lo riaprirei altre mille volte, un blog. E' passato già un anno, e non so neanche come. Grazie a chi c'è, a chi mi legge e s'immagina il mio mondo. Sappiate che io faccio lo stesso con voi, e mi diverto un sacco!

Quindi, visto che siete arrivati pazienti a leggere fino a qua, vi vorrei premiare. Un bacio virtuale a tutti, e un oggettino a chi vuol partecipare a questo compleanno. Non ho ancora idea di cosa sarà, diciamo che sarà una sorpresa, del resto io coi regali a comando sono una frana. Per ora si presenta così:



Tra tutti coloro che scriveranno nei commenti qua sotto estrarrò entro il 20 Maggio quella cosa che ancora non so (datemi tempo per trovarla).
E ve la manderò ovunque voi siate, promesso!







06/05/2012

Immagini dall'Italia 2: la vita agreste

Alcuni giorni nell'antica Lucania, in un territorio contadino ed in parte ancora autentico, dove il quotidiano è fatto davvero di cose piccole e semplici, direi essenziali.
Qui solo un evento terribile ha potuto perturbarne l'essenza: il terremoto del 1980, che spazzò via interi luoghi, cancellò storie, vite,  e cambiò anche le persone, rappresentando proprio uno spartiacque nella storia di chi l'ha vissuto, ma anche di chi l'ha conosciuto solo dai racconti. Esiste infatti un paese "prima" e "dopo" il terremoto, e io mi son fatta l'idea che doveva essere tutto più bello prima. Penso sempre a come sarebbero oggi queste terre se non ci fosse stato lui, perché dove non è arrivata la natura, ci ha pensato l'uomo a saldare il conto.




Io ho solo vaghi e lontani ricordi di un'epoca pre-ricostruzione, in cui anche le case sventrate mi sembravano più vere e più vive, e poi avevano delle cose da raccontare, ormai destinate a perdersi per sempre, perché qui la memoria non è stata preservata, ma si è scelto di cancellarla, forse perché rendeva poco.
E questo faccio davvero fatica ad accettarlo.
Però... sono i luoghi in cui sono cresciuta, e  tutto porta il sapore di anni spensierati e bellissimi, nonostante mi siano sempre stati molto stretti certi modi di pensare e di agire -e questa dev'essere certo stata un' ulteriore ragione che mi ha spinto ad andare via. Anche se a diciotto anni uno non sempre lo sa.

Rincontro per caso nelle strade i volti di persone che conosco da sempre, che ci sono sempre stati, personaggi che popolano i ricordi d'infanzia e dell'adolescenza. Qui i vicini sono come una specie di famiglia allargata, di cui si conoscono vizi e virtù.  Uscendo di casa so che mi fermerò tante volte per salutare qualcuno, o al contrario so bene da dove non passare per evitare incontri poco graditi. 
Rivedere quei visi è per me come rivivere tutta la vita in maniera acceleratissima e condensata, e mi rendo conto che più passa il tempo e più quello che mi colpisce maggiormente sono proprio queste persone, queste figure testimoni di un passato che esiste e che sa chi sono io.
E poi ci sono i paesaggi: a valle, la pianura coi suoi campi coltivati, e poi le colline e le viti, ed infine i rassicuranti Alburni laggiù, cornici immobili ed imponenti che quando li vedo so subito che sono a casa.




Quindi la casa vera, di cui lascio alcune immagini: il ripostiglio-cantina, l'amore felino spesso maldestro ma così indispensabile, e i ravioli di ricotta in attesa di essere cucinati, capolavoro della mamma.




Quando devo ripartire è sempre dura lasciare questi luoghi, da cui una volta sono fuggita, da cui mi sento distante, a cui mi sento irrimediabilmente vicina.




03/05/2012

Immagini dall'Italia 1: gente di mare

Ed eccomi approdata ancora una volta alle sponde dell' Atlantico.
Accolta all'atterraggio da una spessissima coltre di nubi dense e scure che mi hanno privata della bellissima nonché attesa vista della foce del Tejo e della città che si staglia sul blu. 
Mentre ero al finestrino ho pensato ad un viaggiatore che, atterrando a Lisbona, non riesce a godere di quei colori da lassù: una grossa mancanza davvero. 
Per chi vi è già abituato invece, una dura privazione.
Il ritorno è intriso di stordimento, anche se già ieri sera poter tornare a parlare portoghese mi ha fatto sentire bene.

Ho la mente ed il cuore colmi di tanti preziosi attimi che proprio perché son rari acquistano tutto un altro sapore. 
Il sapore delle cose vissute, in perenne attesa di essere riscoperte.
Ho rubato qualche immagine mentre non mi stancavo di girare per le strade, per cogliere gli attimi di mare a Taranto, sullo Jonio, a Polignano, sull'Adriatico e a Salerno e Cetara, sul mio Tirreno.

Mi è mancato questo spazio e mi siete mancati tutti. Perciò vi porto con me nei miei luoghi.

Tripudio di colori, di profumi e di suoni al mercato di Taranto, in cui mi sono imbattuta per caso una mattina, cercando una libreria che non era in centro, e avventurandomi a piedi per rioni poco battuti.



Il bianco e il blu di Polignano, dove ho trascorso il 25 Aprile. 
Un paesino incastonato nella roccia a picco sul mare, un dedalo stupendo di stradine spazzate dal vento di salsedine. Un pranzo superlativo, di cui parlerò nel post dedicato. Una giornata indimenticabile con la mia famiglia siculo-pugliese.




Salerno: è sempre un piacere tornarci. Mi ricordo di quando al liceo marinavo le lezioni per andarci, anche se si poteva restare solo due ore, in modo da essere a casa in orario e non destare sospetti. Ci andavo per comprare i CD da Disclan e per fare un giro sul  lungomare. Ci andavo perché era la città quando la mia vita  era in paese.
Allora credo che non avrei mai notato le buste piene di cipolle e patate appese sotto agli archi nei vicoli del centro storico. 




Cetara: una perla della costiera amalfitana a pochi passi da Salerno. Ci mancavo da alcuni anni, ed è stato bello rivederla. Sentire l'odore dei limoni salire dalle terrazze sulle montagne a picco sul mare, comprare le acciughe sott'olio più buone del mondo e poltrire sulla spiaggetta sulla quale affacciano dei palazzi stupendi. La giornata era bellissima e c'era gente che faceva il bagno in uno scenario incantevole. E poi io ero con la mia amica di sempre. Il momento perfetto, che avrei voluto prolungare all' infinito.





Davanti a tutto quello splendore mi son venuti in mente i celebri versi che tanto ho amato:

"Homme libre, toujours tu chériras la mer!"

(da "L'homme et la mer", C. Baudelaire)







Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...